Yukio Mishima: "L' ultimo samurai"
Yukio Mishima, pseudonimo di Kimitake Hiraoka, è stato uno dei più importanti e controversi scrittori giapponesi del XX secolo. La sua figura è avvolta da un'aura di mistero e fascino.
Viviana Sannino
9/17/20242 min leggere


Yukio Mishima, pseudonimo di Kimitake Hiraoka, è stato uno dei più importanti e controversi scrittori giapponesi del XX secolo. La sua figura è avvolta da un'aura di mistero e fascino.
Un enigma vivente
Mishima era molto più di un semplice scrittore. Come ogni artista era unico nel suo genere. Ha cucito su di sé diverse personalità: il romanziere, il drammaturgo, il poeta, l’attore, il regista cinematografico e persino il maestro di arti marziali.
La ricerca dell'identità nazionale
Una delle ossessioni nella produzione di Mishima è proprio la ricerca dell'identità nazionale giapponese. L'autore era profondamente legato alla tradizione del suo paese, in particolare alla cultura samurai, e sentiva il bisogno di difenderla dalla corruzione e dalla decadenza della società moderna.
In molte delle sue opere, Mishima esprime un profondo malessere nei confronti della perdita dei valori tradizionali e della crescente occidentalizzazione del Giappone. Questa sua visione conservatrice e nazionalista lo portò a fondare la Tatenokai, una milizia privata ispirata ai samurai, con l'obiettivo di risvegliare lo spirito guerriero della gioventù giapponese.
Un gesto estremo
La vita di Mishima si concluse in modo drammatico: nel 1970, insieme ad alcuni membri della Tatenokai, cercò di inscenare un colpo di stato all'interno delle forze armate giapponesi. Fallito il tentativo, Mishima si suicidò ritualmente con l'harakiri, un gesto estremo che sottolineò ancora una volta la sua profonda connessione con la tradizione samurai.
Un ideale perduto
Il suicidio di Mishima, avvenuto tramite seppuku il 25 novembre 1970, fu molto più di un semplice gesto disperato. Fu un atto politico e simbolico, un tentativo estremo di scuotere una nazione che, a suo avviso, aveva perduto la propria anima.
Mishima era un fervente nazionalista giapponese, preoccupato dalla crescente occidentalizzazione del suo paese e dalla rinuncia ai valori tradizionali. La Costituzione pacifista del Giappone, imposta dagli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale, era per lui un simbolo di debolezza e decadenza. Con il suo gesto, voleva protestare contro questa situazione e riaccendere lo spirito guerriero dei suoi connazionali.
Mishima era profondamente legato alla figura del samurai, simbolo di onore, coraggio e lealtà. Il seppuku, il suicidio rituale dei samurai, era per lui l'unico modo per mantenere la propria dignità di fronte al fallimento della sua missione.
Il samurai e il seppuku
I samurai erano i guerrieri dell'antica Giappone, una classe sociale che seguiva un rigoroso codice etico, il bushido. Questo codice enfatizzava valori come l'onore, il coraggio, la lealtà e l'autodisciplina.
Il seppuku era considerato l'ultima risorsa per un samurai che avesse violato il codice d'onore, o che si trovasse in una situazione senza via d'uscita.
Il seppuku era un atto cerimoniale che richiedeva grande coraggio e autocontrollo. Il samurai si toglieva i vestiti superiori, si inginocchiava e, con una spada corta (tantō), si infliggeva una ferita profonda nell'addome. Un altro samurai, spesso un amico fidato, poi decapitava il primo per porre fine alle sue sofferenze. L’addome era considerato il centro delle emozioni e dei desideri, e tagliandolo il samurai rinunciava a tutto ciò che era terreno e mortale.

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